Non ne parlo mai, ma dovrei.
Anzi, avrei dovuto farlo prima.
Serendipità non nasce dal nulla, no.
Serendipità è il coronamento di un sogno, un completamento di quello che è iniziato molto tempo prima.
Quasi sei anni fa per l'esattezza.
Tutto iniziò così:
Avevo 21 anni, giovane mamma di un bambino di 1 anno e qualcosa in più ( a quei tempi si contavano anche i mesi, i giorni e i secondi che ci separavano da quando ci annusammo per la prima volta).
Ero al primo anno di università.
La mia era una vita universitaria fatta di tette al vento durante gli esami, di una carrozzina sempre attaccata al fianco, e di un figlio che fino ad un anno ha frequentato regolarmente tutte le lezioni.
Logico che questa vita non sarebbe potuta continuare a lungo.
Così ho iniziato a pensare che mi avrebbe fatto molto comodo poter usufruire di un servizio flessibile dove poter lasciare il bambino durante i giorni e gli orari di lezione, magari per due-tre volte alla settimana con orario variabile.
Un posto bello, sicuro, con delle educatrici competenti e accoglienti.
Un luogo familiare, con del verde attorno magari.
Bhè, avrebbe fatto proprio al mio caso.
Purtroppo non esisteva.
E così quel qualcosa che cercavo e non c'era è diventato il mio progetto.
Nel febbraio 2009 è nato Lilliput.
Sono stati anni estremamente felici, ma anche faticosi.
Avviare un'attività a quell'età, con il piccolo che richiede attenzioni e l'università che impone scadenze non è stata una passeggiata.
Per fortuna ho avuto accanto uno splendido compagno e una bella famiglia alle spalle che hanno creduto in me quando gli altri scommettevano sul giorno della mia chiusura, aiutandomi a superare le difficoltà e a credere in quello che sembrava un lancio senza paracadute.
Lilliput ancora è lì, portato avanti da 3 ragazze che si sono messe in discussione, hanno creduto in quello che proponevo e praticavo giorno dopo giorno, contro tutto e tutti.
Lilliput è un piccolo scrigno dentro un parco pubblico.
Una casa dei sogni, la casa di marzapane di Hansel e Gretel, ma senza strega.
A lilliput c'è un pezzo del mio cuore, e ogni volta che ci metto piede per seguire le ragazze che ci lavorano affondo i pensieri nei ricordi di quelle piccole meravigliose creature che mi hanno aiutata a crescere, a lavorare, a scoprire, a non smettere mai di sognare e credere che non esista sogno impossibile.
Mettere piede lì dentro è una carezza alla ragazza che ero, che ha sacrificato giorni, notti, feste per non smettere mai di credere che al primo posto vengono i sentimenti, soprattutto nel lavoro.
E' una lacrima che scivola fino alla pancia, che ha contenuto quel piccolo uomo, senza il quale non sarei mai stata ciò che sono.
E io che volevo fare la trapezista.
Ora volo lo stesso, ma il trapezio non mi serve.
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