Secondo giovedì di scuola, prima gita per i piccoli di Serendipità.
Per noi niente pulmini, niente cartellini al collo in caso di smarrimento in stile bagaglio nella stiva, ma solo stivaletti di gomma e tanta voglia di scoprire cose nuove.
Decidiamo di fare una gita a sorpresa, i bambini non sanno nulla.
Ieri, Osimo, San Giuseppe, patrono della città, festa in suo onore.
Nel marasma di persone che si accalcano lungo il corso scorgo Mario, il nostro vicino ultraottantenne. Lo fermo, "Mario, possiamo venirti a trovare con i bambini", " Certo, quando volete", " Anche domani?", " Si, si, anche tutti i giorni".
E' bastato poco, nessuna telefonata, nessuno stress da organizzazione, solo due scambi di battute.
Durante l'assemblea mattutina avvisiamo i bambini della possibilità di fare una gita.
Chiediamo loro, sapete cos'è una gita? Tutti i bambini che hanno avuto esperienze scolastiche presso altre scuole rispondono, " certo che lo sappiamo, è quando si prende il pulmino". Proviamo ad indagare, cos'altro si fa oltre a prendere il pulmino?? Ma le loro risposte deviano sempre sul pulmino.
Deduciamo 2 cose:
- i bambini adorano il pulmino;
- la gita che hanno fatto non ha lasciato molta traccia in loro.
Cos'è una gita allora?
Mi torna in mente un passaggio della pedagogia della lumaca, quando Gianfranco Zavalloni incinta gli insegnanti a portare i loro alunni in gita in bici o a piedi e riporta le parole di Franco Cassano sul valore della passeggiata:
" Passeggiare è un'arte povera, un far niente pieno di cose[..] Passeggiare vuol dire partire per arrivare, ma senza impegno, perché ci si può fermar prima, cambiare percorso, inseguire un'altra idea, prendere una strada secondaria, fare una digressione.[...] Passeggiare talvolta è un perdersi breve, in un piccolo spazio, una microfisica dell'avventura, da cui si torna con una storia da raccontare. [...] Passeggiare non serve per tenersi in forma, ma a dare forma alla vita, a farle capire le proporzioni, è la modesta preghiera degli arti inferiori".
Mi piacerebbe che i bambini della nostra scuola scoprissero la bellezza della passeggiata, dei tempi lenti, della possibilità di cambiare percorso o idea strada facendo, di essere gli attori del proprio viaggio, non gli spettatori davanti ad un finestrino che si affaccia su un paesaggio che corre sempre troppo veloce.
La gita dovrebbe essere un momento per uscire dalla scuola, per vedere il mondo, per scoprire cosa c'è aldilà del cancello, oltre il parcheggio, verso l'orizzonte.
Una gita dovrebbe essere scelta da tutti, ognuno dovrebbe avere la possibilità di fare la sua proposta di gestione del tempo concesso per stare fuori.
Sennò sarebbe come essere dei turisti ciechi, sordi e muti. Dietro ad un adulto che ti dice dove andare, come andarci, cosa vedere, quando smettere di vederlo, senza possibilità di dare spazio all'imprevisto, all'incidente.
Così su due piedi, abbiamo preso la decisione di andare in gita, senza averla organizzata, ma con l'idea di seguire gli eventi, gli spunti dei bambini e le situazioni che si sarebbero presentate.
Parto con 9 bambini.
Dobbiamo camminare un po', poi attraversare la strada e siamo arrivati dai nostri vicini, Mario e Domenica.
La strada non è molta, ma già scopriamo cose che il pulmino non ci avrebbe permesso di vedere.
Nello stradino di ghiaia ci sono dei punti dove i sassolini se ne sono andati e con un legnetto possiamo disegnare, se camminiamo al contrario in salita facciamo meno fatica, è arrivata la posta, e non ce n'eravamo mai accorti.
Per attraversare la strada scopriamo che non basta guardare, ma occorre soprattutto ascoltare.
Dove le auto passano raramente arriva molto prima il suono che l'immagine.
Arriviamo da Mario e Domenica, suoniamo.
Niente.
Proviamo a chiamarli all'unisono, ancora niente.
Chiedo ai bambini : " E adesso? Che si fa?"
Io che già immaginavo di dover far dietrofront e ripiegare su qualcos'altro sento loro che dicono " Li aspettiamo", come se fosse l'unica risposta possibile.
Decido di ascoltarli.
Nel frattempo scopriamo che se stiamo troppo al sole iniziamo a vederci male....
Giriamo la casa e troviamo un meraviglioso campo dove attendere, la più bella sala d'aspetto che io abbia mai visto.
Nel cielo ci sono le nuvole, sembrano pesci, pesci che nuotano.
Proviamo a nuotare come loro.
Vediamo in lontananza dei grandi trattori, sputano la terra.
Alcuni si sdraiano, chiudono gli occhi, gioisco della loro leggerezza.
Stiamo lì una mezzoretta, poi vediamo il cane, Camilla, che si agita, fa le feste. Domenica è tornata.
I bambini la chiamano a gran voce, ci viene incontro, felice di vederci.
Ci fa entrare, prima tappa, casa sua.
I bambini di fronte a tante porte chiuse chiedono cosa ci sia dietro, Domenica non sta più nella pelle di fronte a cotanta curiosità.
Apre porte, mostra stanze, camere da letto, bagni, garage, orgogliosa di quello che ha costruito. Quella è tutta la sua vita, e ce la mostra con grande fierezza.
Le chiediamo degli animali. Ci assicura che ci li avrebbe mostrati ma non prima di essere passati per la sua cucina. Tira fuori succhi, bibite, biscotti, bicchieri, piatti, sedie. Sembra il compleanno di qualcuno.
I bambini sedotti da questa figura a metà tra una nonnina e una creatura delle fiabe si siedono senza proferir verbo, mangiano i biscotti, provano ad imbastire un dialogo con Domenica che però risponde solo " MAngia, mangia, non fare complimenti. Ne vuoi ancora?? Mangia". Provo a spostare l'argomento sugli animali, sul perché della nostra visita, ma vengo zittita anche io con un biscotto.
Ostaggi delle sue premure siamo tutti sulla stessa barca, io con loro, tutti nipoti da sfamare ai suoi occhi.
E come nella più classica delle fiabe è il più piccolo a salvare la situazione, rifiuta deciso un biscotto e dice : " Ma quando andiamo dagli animali?".
Domenica come ridestata da un sogno familiare, si blocca, lo guarda, guarda me, chiude la bottiglia che ha in mano e dice " andiamo dai".
Prima passiamo per il cucinino, ennesimo trofeo da mostrare.
A. le dice che è tutto molto bello, e i suoi occhi si riempono di commozione.
Il racconto prosegue con noi che andiamo nella fattoria, che vediamo i maiali, le pecore, i tacchini, i conigli, le galline, che raccogliamo piume e ce ne andiamo con mazzi di basilico da annusare.
I bambini sarebbero rimasti molto di più, io con loro, ma seppur all'insegna della lentezza la nostra gita deve volgere al termine.
Oggi abbiamo imparato tante cose importanti.
Che la gita non è il pulmino, che la fattoria non sono solo gli animali ma anche le persone che ci vivono, che a volte occorre mandar giù qualche biscotto controvoglia e che stare assieme, passeggiare con calma, senza nessuna ansia di dover raggiungere obiettivi prefissati è la più bella opportunità che si possa avere.
Devo dire che questa nuova scuola serve ai bambini di oggi,presi troppo dalla vita multimediale televisiva...e non conoscono i profumi della vita che ti aiutano a crescere!!!!
RispondiEliminaE' bello che ci siamo persone come te Emily che li aiuteranno a scoprirli...la mia bambina è stata felice di aver fatto questa esperienza durante l'estate,io non avrei mai avuto il tempo di portarla a visitare una fattoria,l'unica cosa che ho potuto fare e fargli vedere le foo degli animali....ma vedere una mucca dal vero è tutta un'altra cosa!!!!compliments Emily and company!!!!
Le nostre Super Maestre insegnano ai grandi e poi ai piccoli.
RispondiEliminaBrave brave!!
Io penso che molte di queste cose le dovrebbero far sperimentare i genitori, non la scuola.
RispondiEliminaAncora una volta il ruolo di genitore viene delegato a qualcun altro.