Eravamo rimasti che ero a Friburgo.
Sabato pomeriggio termino il mio soggiorno comprando
souvenir per i miei cari:
-
Carote fucsia , zucca dolce e
tuberi misteriosi per la scuola;
-
10 bretzel per mia sorella;
-
Due casse di birra per tutti gli altri.
La mia amica Carmen mi passa a prendere da Nazzarena,
carichiamo il mio “piccolo” bagaglio a mano sul loro transatlantico, accanto a
Clara, la coniglietta tedesca che hanno ricevuto in regalo, inverosimilmente
pelosa e placida.
Partiamo.
Malinconicamente osservo il paesaggio che scappa, penso che
se qualcosa andasse storto è qui dove vorrei essere.
Con i friburghesi, con i loro giardini caotici ma pieni di
poesia, con il loro fiume al contrario, con la foresta alle spalle, che
protegge, con i loro cesti pieni di libri per strada, ad ogni angolo ai quali
attingere liberamente. Con i loro immancabili zainetti, con i loro bimbi biondissimi
e i corvi nerissimi.
Il transatlantico concilia il sonno, mi ritiro nelle mie “stanze”,
un letto pieno di lego, che mi fa sentire a casa.
Mi addormento pensando alla giornata che mi aspetta, con l’incognita
di arrivare in tempo per l’inaugurazione.
Cala il buio.
Torna la luce.
Sposto la tendina, cerco coordinate amiche. Su un’insegna di
un negozio leggo Roma.
Mhhh, qualcosa non porta.
Mi faccio largo tra le lego, supero il nanetto che mi dorme
a fianco.
Mi siedo nel posto del pilota.
Sono in Osimo, penso a mio figlio che a quest’ora dorme, che
crede che sua madre sia ancora in Germania e invece è a pochi passi da casa.
Penso a quel cartello al quale non avevo mai fatto caso.
Penso a quant’è bello essere di nuovo a casa.
La mattinata prosegue con una colazione luculliana e una
corsa verso Serendipità.
L’inaugurazione sta per avere inizio.
Arrivo a scuola. Mi attendono due sorprese.
Una casa meravigliosamente dipinta su di uno strato di melma
densa e limacciosa.
La casa di pan di zenzero sopra una collina di cioccolato
fuso.
Basta guardarle con gli occhi dei bambini le cose, no?!
Io con il mio vestitino bianco, che presto diventerà una
tuta mimetica.
Mio padre che fa vin brulè.
Le mie colleghe che si danno da fare per preparare
striscioni, materiale informativo.
Il piccolo Sante con gli occhi più grandi e curiosi che mai.
I genitori che spalano il fango per creare se non un’uscita
di emergenza, quantomeno un’entrata.
E poi mi ricordo solo i tanti volti, la gioia, gli abbracci,
io e Veronica che balliamo, l’assemblea straordinaria, i giornalisti, la birra
e i bretzel distribuiti sottobanco, gli abbracci, il grande falò al tramonto, lo
stupore dei 3 metri di brace, la speranza.
Questa è la settimana delle tracce, dei reperti, dell’archeologia.
Il fango per i grandi
è sporco, fastidioso, una gran noia.
Per i bambini è opportunità di scoperta.
Nasconde segreti, tracce, impronte di tassi, cani e .. bambini.
Tutti nel campo a raccogliere tracce, catalogare, conoscere, capire.
Ci aiutiamo con delle enciclopedie e già c'è qualcuno che modifica il suo sogno nel cassetto.
" Da grande farò l'archeologo!!"
Questa è la settimana della cittadinanza attiva.
Andiamo a conoscere le suore di clausura, queste specie di ectoplasmi che vivono barricate dentro un monastero, un meraviglioso castello con le sbarre.
Ci regalano ritagli di ostie, e per la gioia dei bambini ci regalano anche il loro viso.
Questa è la settimana della gita sull'autobus.
6 bambini da portare ad un'iniziativa sulla lettura, 3 adulti, una sola macchina, e allora che si fa?
Si fa che si prende il bus delle 14:50 e mentre si aspetta si fanno giochi di improvvisazione.
Si fa che si sta attaccati al sedile di fronte con le unghie perchè è la prima volta e la gioia è condita da un pizzico di brivido.
Si fa che si va a visitare il centro storico.
Si fa che si aspetta la lettura leggendo altri libri.
Si fa che quando la lettura inizia ci si addormenta tra le braccia della mamma.
Questa è la settimana dei gatti guardiani.
Sculture di legno, frutto di pezzi giunti per caso da noi.
Qualcuno sega, qualcuno carteggia, qualcun'altro pianta chiodi, gli ultimi dipingono.
I gatti ora sono sotto il ciliegio, appostati, pronti a balzare sulle spalle di incauti topini di campagna.
Questa è la settimana del nostro debutto in società.
Oggi pomeriggio, convegno ad Osimo sul gioco.
Siamo tra le relatrici.
Il convegno è alle 18:00, noi alle 17:45 siamo ancora a scuola a lavorare.
Arriviamo infangate, con i visi stanchi e i capelli arruffati, ma con il sorriso, sempre con il sorriso.
Le nostre gote si tingono di porpora, sarà la stanchezza? Sarà che siamo abituate a stare all'aperto e non in un ambiente chiuso scaldato all'inverosimile? Sarà che ce la facciamo addosso all'idea di parlare al microfono?
Inutile cercare di ripristinare il nostro normale colorito.
Tocca a noi.
Ci dividiamo il discorso.
Vero la prima parte, io la seconda.
Parla Veronica, tutto alla grande, segue la scaletta.
Tocca a me.
Parto, mi piace il microfono, non mi fa paura come pensavo.
Parlo, mi sento a mio agio, dimentico la scaletta.
Inizio un discorso che non avrei dovuto affrontare, faccio marcia indietro.
Lascio tutti nel dubbio di ciò che avrei voluto dire e non ho detto.
Proseguo.
Osservo i loro visi, alcuni corrucciati, altri annuiscono, ma tutti sono attenti, rapiti.
Inizio un nuovo discorso, anche quello non è esattamente nella scaletta.
Formulo un lungo pensiero, sono alle conclusioni, mi dimentico cosa stavo dicendo.
Mi blocco.
1....2......3......4
non mi ricordo cosa stavo dicendo
5.....6....7......8
non cerco di recuperarlo
9.....10.....11......12
mi godo questo momento. Una sala in attesa, in attesa che io dica o faccia qualcosa.
Forse in pena per me che mi sono bloccata, forse felici del mio fallimento, forse impazienti perchè si è fatto tardi.
Ma io non parlo.
Li guardo, uno ad uno.
Loro si aspettano che io dica qualcosa e io non attenderò la loro aspettativa.
Per un momento mi sembra di poter vivere una fantasia di quando ero bambina.
Sognavo di avere un orologio magico, in grado di fermare il tempo, per permettermi di girovagare tra l'umanità congelata.
Avrei potuto mangiare vagoni di gelato, segnarmi tutti bei voti, tagliare le trecce alla bambina che mi dava sempre fastidio, guardarmi un cartone, nascondere il libro alla maestra.
Oggi, ho schiacciato il pulsante.
Solo per 10 secondi, ma l'ho schiacciato.
Nessun sentimento di vergogna, nessun'ansia da prestazione, nessun pensiero del tipo" e adesso che faccio? Dove mi nascondo?"
Recupero giustificandomi con un ammissione di stanchezza e mancanza di lucidità per le parecchie ore passate a lavorare.
Recupero giustificandomi con un ammissione di stanchezza e mancanza di lucidità per le parecchie ore passate a lavorare.
Se la saranno bevuta ?!
Comunque il discorso sul quale mi ero bloccata era quello relativo agli adulti.
Agli adulti in relazione ai bambini.
Alla loro difficoltà di ascoltarli.
Alla facilità di giudizio che abbiamo nei loro confronti..
Ai facili rimedi ai quali ricorriamo troppo spesso.
All'arroganza con la quale crediamo di sapere quello che sia il loro bene.
Al nostro proiettare su di loro aspettative, speranze, sogni. I nostri.
Alla nostra mancanza di umiltà, alla nostra difficoltà di ammettere e dire
" io non so chi sei, aiutami a conoscerti".
Ti regalo una lacrima bella!! è un bellissimo racconto. Dalla strada bella di friburgo Nazzarena
RispondiElimina