lunedì 11 novembre 2013

petit reportage

ore 8:45 treno regionale per Roma.
Quasi 4 ore di viaggio, adoro fare i viaggi in treno.
In particolare nei regionali, treni lenti, gente "caciarona", infinita nuance di odori e casistiche umane.
Spero sempre nei ritardi, affinchè il viaggio duri più a lungo.
4 ore per me, in cui dedicarmi al lusso dei lussi, leggere, quello che voglio..
Frugo nella biblioteca del mio compagno, vasta, troppo.
Alla fine ripiego per uno dei miei testi..." come educare il bambino " di Janus Korczak.
Un libro agognato, desiderato a lungo e finalmente tra le mie mani.
E un tempo anch'esso agognato, tutto da dedicargli.
Insomma sono sul treno, con il mio libro. Mi costruisco un nido di fortuna con sciarpe, maglioni e giacche.
Angolo sicuro da dove osservare il mondo circostante, ricordi nostalgici dell'infanzia " se faccio piano non mi vedono, sono invisibile, posso guardare tutti senza essere vista".
Durante il viaggio solo due persone mi si mettono accanto, guarda caso entrambe mamme con bimbi al seguito.
Inizio a pensare che questa faccenda dei karma sia vera...
In entrambi i casi assisto a scene poco edificanti.
Prima mamma, entra con il passeggino, il bimbo di 3 anni all'incirca, smartphone incollato all'orecchio, tono di voce impostato sulla modalità "lite da reality show".
Piazza il bambino sul sedile, gli rifila pezzi di pizza in bocca continuando a urlare al telefono.
Non un sorriso, non un gesto di cura nei confronti del piccolo.
Neanche lo guarda, i suoi occhi puntano all'orizzonte.
Finisce la pizza, il bambino, credo spinto da un moto sanamente vitale, cerca di farsi notare.
Canta, sorride alla madre, a me, si muove sul sedile, freme.
La madre. Nessuna reazione.
Continuano entrambi così per un quarto.
Lui che sembra dire " Ci sono anche io"
Lei che sembra pensare " Non c'è nessuno con me".
Il bambino cade, lei chiude la telefonata, con rabbia gli dà un leggero schiaffo e lo intima di stare seduto.
Il piccolo è perplesso, ferito dalla ferocia gratuita della mamma.
Lei mi guarda, vede che osservo tutto e torna a guardare fuori.
Penso. Cerco di immaginare scene felici tra loro. Immagino lei con il piccolo appena nato tra le braccia.
Immagino scene di commozione, le associo alle mie. E se così non fosse stato?
Chi sono per giudicare il suo comportamento, cosa conosco della loro vita?
Non ho il diritto di intervenire. Mi limito a sorridere complice al bambino.  " Io ti vedo!".

Seconda mamma.
Anche lei munita di smartphone. Nessuna telefonata per lei, solo foto.
Passa tre quarti a scattare foto ai suoi due bimbi, vittime della tecnologia.
La più grande, vanitosa, si mette in posa, sorride artificialmente, vuol vedere com'è venuta, vuole rifare gli scatti. Schiava dell'immagine o semplice passatempo?
Il piccolo si rifiuta, non vuole sorridere. Aria torva, imbronciata.
La mamma lo incita a sorridere. All'inizio dolcemente poi sempre più severamente, fino al tono imperioso " Ridi!!". Certo signora, così certamente suo figlio le obbedirà.
Un cà mastino che ti ringhia contro e tu ridi, forse ancora il piccolo non ha imparato l'arte di esorcizzare la morte, è per questo che non ride, ma vedrà che presto imparerà a farlo.
Per lo meno per sopravvivenza...


ore 13:40 autobus per Roma Ciampino.
Poco da dire qua, tutta l'attenzione era volta a tenere stretto  il sedile davanti per attutire le frenate dell'autista romanaccio, che correndo come un pazzo inveiva contro tutto e tutti, urlando " A li mortacci tua".
Imprecazione rivolta persino ai turisti spagnoli della prima fila che ridevano sguaiatamente della caricatura animata che l'autista forniva.

ore 16:55 aereo per Karlsruhe Baden-Baden
Tralasciamo il racconto delle 3 ore di attesa, sicuramente stimolante per un antropologo ma troppo lungo da riportare.
Piccolo appunto invece sull'incontro con un signore di 76 anni, di origini italiane ma tedesco di importazione da 54 anni. La sua vita è là, ma ogni anno torna in Italia due volte, la prima per vendemmiare , la seconda per raccogliere i frutti del lavoro, caricando i 150 litri di vino che autoproduce.
Dice di non rimpiangere l'Italia, racconta di sua moglie morta 25 anni fa, dei suoi due figli che hanno potuto studiare e fare carriera.
Il suo viso una fitta trama di vissuti, cicatrici, pelle indurita dalla fatica e levigata dal freddo.
Stile da pastore abbruzzese, ma sprint da adolescente in inter-rail.
Mi racconta di un viaggio in Perù fatto dieci anni prima, e mi viene una sana invidia nei confronti della sua carica senile. Saliamo sull'aereo e lo perdo di vista.
Lo cerco inutilmente per sedermici accanto e continuare i racconti.
Trovo invece posto accanto al finestrino,un finestrino un pò decentrato a dir la verità, troppo spostato in avanti rispetto al mio posto.
Mi sento schiacciata tra la parete dell'aereo e i due passeggeri che mi stanno a fianco.
Capisco cosa si provi a soffrire di claustrofobia.
I miei pensieri volano, mi immagino in preda ad un attacco di panico, che scavalco maldestramente i due malcapitati e mi sdraio in mezzo al corridoio con le due hostess tedesche che tentano invano di spostarmi.
Sto peggiorando la situazione, mi calmo.
respiro, l'aereo parte.
L'unica cosa che ricordo è il commovente tramonto al di sopra delle nuvole. Rumore di scatti, lo stupore è collettivo.
Poi come in sala operatoria, " Signora conti fino a 10", " 1,2,...3..............4........................"
Fortunatamente crollo.
Mi risvegliano i rumori di cinture,il bip dei segnali, Stiamo atterrando.
Sotto di noi, fili di perle, ragnatele bagnate dalla rugiada.

ore 19:00 passaggio in camper fino a Offenburg
La mia amica Carmen mi accoglie all'aeroporto.
Lei è pimpante, io sono provata dallo schock termico.
saliamo in camper, mi portano alla stazione.
Un'ora di strada, mille motivi per trasferirmi sparsi lungo il tragitto.

ore 21:00 treno per Freiburg
Anche qui pochi ricordi, di nuovo anestesia.
Solo piccola osservazione sulla tranquillità di girar di notte in una stazione, sensazione provata raramente in Italia.

ore 22.00 passaggio in macchina
Wolfgang mi viene a prendere in stazione.
Lungo il tragitto verso casa si scusa per la lentezza.
Percorriamo un tratto lungo il quale la velocità massimo è di 30 km/h, tutti la rispettano.
Mi spiega che in Germania sono tutti molto sensibili ai rumori, e questo limite è stato messo per rispettare la tranquillità notturna degli abitanti della zona.
Mi domando se da noi una cosa simile sarebbe possibile...


ore 22:30 pace dei sensi.
Arrivo a casa di Nazzarena.
Vengo accolta da voci amiche, riunione di italiani in procinto di aprire un'associazione culturale.
Mi cullo tra i loro dialoghi, seduta su un trono a capotavola, rispondo con estrema lentezza alle loro domande.
Sto bene qui.
Divido la camera con Nora, 14 anni.
Alla porta appeso l'orario scolastico, noto già le prime differenze.
Accanto a geografia, grammatica, trovo ceramica, falegnameria, danza, canto. Stessa quantità di ore, stesso peso.
Aumento esponenziale della mia curiosità.
Kapriole, sto arrivando!

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